DISTRETTI DEL CIBO E STREET FOOD AGRICOLI, LA PROTESTA DEI PUBBLICI ESERCIZI




“Non vogliamo pensare che al Ministero delle Politiche Agricole apprezzino solo la ristorazione degli agricoltori a scapito di chi fa questo lavoro da anni rispettando precise regole”. Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi, con il suo Presidente Lino Enrico Stoppani si esprime duramente in merito all’istituzione dei “distretti del cibo” prevista dall’art. 47 della legge di stabilità, considerati “un ulteriore privilegio che il Governo concede agli agricoltori”. Questo provvedimento consentirà, infatti, alle aziende e cooperative agricole di vendere anche prodotti trasformati e pronti per il consumo, attraverso l’utilizzo di strutture mobili e in modalità itinerante.
“Questo significa che per l’impresa agricola non esistono limiti: possono vendere e somministrare alimenti sia in sede fissa che mobile, anche lontano dall’azienda e senza alcun nesso fra luogo di produzione e luogo di vendita dei prodotti, né alcuna garanzia, per il consumatore, che si tratti di prodotti di propria produzione. Insomma gli agricoltori sono gli unici che possono di fatto avviare un negozio o un ristorante senza che i locali abbiano la destinazione d’uso per queste attività – prosegue Stoppani-. In particolare il comma 7, che è il grimaldello per scardinare ogni vincolo all’attività di vendita e somministrazione da parte degli agricoltori, toglierà ai comuni ogni possibilità di governance del territorio. Questa sarà la vera rendita. Ricordiamo, da ultimo, che la ristorazione, quella fatta da 300 mila imprese, acquista ogni anno 20 miliardi di euro di prodotti alimentari che assicurano la sopravvivenza anche a migliaia di aziende agricole”.
 
Un ulteriore segno di poca considerazione da parte delle istituzioni nei confronti della nostra categoria che ogni giorno lavora per rispondere ai criteri e principi di una normativa severa e finalizzata a garantire qualità e sicurezza. Per questo faremo sentire la nostra voce a livello istituzionale affinché venga rispettato un principio molto semplice ma che evidentemente al Ministero non tutti conoscono: nello stesso mercato devono valere le stesse regole”.

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