Avicoltura in Italia: garanzie e sicurezza


Avicoltura in Italia: garanzie e sicurezza



Le produzioni di carni di volatili e di uova cadono spesso sotto i riflettori dei “media”, anche se spesso messe di proposito (e immeritatamente) sotto una cattiva luce. Eppure, l’avicoltura in Italia offre garanzie e sicurezza probabilmente senza eguali.
Nonostante l’avicoltura in Italia sia soggetta a numerosi e continui controlli, infatti, non mancano su giornali e tv immagini terrificanti su come sono allevati gli animali, né tanto meno notizie che mettono in dubbio qualità e sicurezza di pollotacchino e tutto ciò che grazie a questa filiera arriva sulle nostre tavole.
La realtà è molto diversa da quella mostrata da alcuni giornalisti o attivisti, poiché in Italia l’allevamento degli animali in generale e dei polli in particolare avviene nel rispetto di norme molto rigorose, definite in ambito comunitario. Inoltre, è bene ricordare che la produzione avicola non implica problemi di tipo nutrizionale né sanitario. Questo livello di sicurezzanon è scontato, ma è reso possibile da attenti controlli sanitari veterinari lungo l’intera filiera. Unafiliera integrata, nel caso italiano, ma complessa. Cerchiamo dunque di capire cosa succede al suo interno.
I pulcini si ottengono da uova prodotte da galline selezionate da “cova” ed esenti da malattie infettive trasmissibili. I pulcini sono vaccinati contro le più importanti malattie infettive ed alimentati utilizzando mangimi il cui valore nutrizionale varia in funzione dell’età. Il contenuto in proteine, ad esempio, è maggiore per gli animali più giovani. Di fondamentale importanza è anche l’assicurazione dell’assenza di microrganismi patogeni nei mangimi stessi.
Nei mangimi possono essere utilizzati soltanto alcuni additivi, autorizzati delle Autorità Sanitarie nazionali e comunitarie, che hanno lo scopo di assicurare il benessere degli animali e, indirettamente, favorirne la crescita e ottenere carni e uova di ottima qualità e sicurezza.
La principale preoccupazione degli allevatori è la prevenzione della comparsa di malattie infettive. Oltre alle vaccinazioni, in passato si faceva ricorso all’uso “auxinico” di antibiotici a basso dosaggio nei mangimi. Tale pratica, che era autorizzata dalle Autorità e che non creava problemi di residui, è stata abbandonata e proibita dal gennaio 2006 quando ci si rese conto della possibilità di indurre farmaco-resistenza.
Per tenere sotto controllo le malattie infettive, innanzitutto il veterinario di filiera effettua visite periodiche per controllare lo stato sanitario degli animali e, se necessario, si avvale di analisi microbiologiche per la ricerca di agenti patogeni e la verifica della sensibilità degli stessi alle terapie. Se si trovano degli animali infetti, ci sono due possibilità di intervento: la prima consiste nel trattare l’intero allevamento con farmaci antibiotici; la seconda consiste nell’eliminazione e distruzione di tutti gli animali (stamping out), disinfezione accurata dei locali e poi introduzione di nuovi animali.
La prima misura si applica nel caso in cui si dovessero verificare delle malattie batteriche, nel rispetto di regole igienico-sanitarie che debbono essere gestite dai medici veterinari. Lo “stamping out”, invece, si applica sempre quando previsto dalla normativa e cioè, nel caso di influenza aviaria, ma anche nel caso di taluni tipi di salmonellosi e in particolare nei riproduttori.
Resta da sottolineare una cosa importante: la gran parte dei controlli è svolta dagli allevatori in stretta collaborazione con i Servizi Pubblici veterinari che, oltre a effettuare delle verifiche in modo autonomo, hanno il compito di vigilare sulle azioni di autocontrollo degli allevamenti. Un sistema capillare e sicuro, insomma, che non riesce a far giustificare gli allarmismi periodici (e acchiappa-audience) di alcune trasmissioni televisive.

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