Valore condiviso: la ricchezza del pollo

Valore condiviso: la ricchezza del pollo


Quando si acquistano un petto di pollo o una fesa di tacchino, non ci si limita a nutrirsi con un prodotto sano e sicuro. Si sta compiendo un’azione che ha importanti riflessi sul piano sociale ed economico.
Si chiama “valore condiviso”, definizione che riassume molti concetti: dalla sostenibilità al benessere economico e sociale generato da un’impresa, anche oltre i confini della sua attività. Molti gli esempi di “campioni” nella produzione di valore condiviso. Fra questi spicca il settore avicolo, capace di generare benefici che vanno al di là della sua stessa filiera.
Per comprendere come ciò sia possibile è necessario partire dalla “fotografia” del settore, che nel 2018 si è confermato come uno dei modelli produttivi fra i più efficienti nel comparto delle carni. Lo dicono le analisi di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agroalimentare), ricordando che quelle avicole sono le carni più consumate in Italia in ambito domestico.
In sette anni la #FilieraAvicola italiana ha ridotto l'uso di #antibiotici in #allevamento dell'80%
Merito di più fattori, fra cui la continua evoluzione dell’offerta che propone in continuazione nuovi prodotti facili da preparare. Il consumo di carni preparate e panati è infatti cresciuto nel 2018 di oltre il 9% in volume e del 10% in valore. E poi la sicurezza di una filiera tutta italiana, grazie a una produzione capace di coprire tutta la domanda interna e, in più, attenta al benessere animale e alla riduzione degli antibiotici (di oltre l’80% in sette anni).
Prerogative che hanno portato il fatturato dell’avicoltura a raggiungere quota 5,7 miliardi di euro, cifra che mette insieme i risultati di allevamenti e trasformazione, sino al prodotto finale. Se poi ci si allarga agli effetti diretti e indiretti e alle ricadute generate dalla filiera avicola, il giro di affari complessivo sale a 21,7 miliardi di euro, un contributo di oltre l’1,2% al Pil (prodotto interno lordo) dell’Italia nel 2018 (1754 miliardi di euro).
Sin qui il valore dell’avicoltura, ma qual è il suo “valore condiviso”? Lo ha calcolato Althesys per conto di Unaitalia, il sodalizio che riunisce gran parte della filiera avicola italiana. Stando a queste analisi, la filiera del pollo e delle carni bianche ha generato ricadute economiche e occupazionali per 7,9 miliardi di euro, quasi mezzo punto di Pil.
La filiera del #pollo e delle #CarniBianche ha generato ricadute economiche e occupazionali per 7,9 miliardi di euro e 3,7 miliardi di #contributi fiscali
Più in dettaglio, il comparto avicolo ha generato contributi fiscali per 3,7 miliardi, lo 0,77% di tutte le entrate fiscali. Circa 2,4 i miliardi di euro destinati ai salari, che corrispondono allo 0,3% del totale dei redditi da lavoro dipendente. C’è poi un altro dato evidenziato dallo studio di Althesys che merita di essere ricordato: ogni euro generato nella fase di trasformazione delle carni avicole genera altri 5,7 euro sul resto della filiera.
Leggere tanti numeri e percentuali può venire a noia ed è facile distrarsi. Così può essere utile ripercorrere le tappe di questa filiera, per comprendere come sia possibile per le carni avicole trasformarsi in “moltiplicatore di ricchezza”. Si parte dal mondo della ricerca, cui spetta il compito di selezionare le migliori razze avicole. Poi è il turno dei centri di moltiplicazione (il loro nome è incubatoi), dove nascono i pulcini. Dagli incubatoi i pulcini sono trasferiti agli allevamenti, dove cresceranno sino alla maturità commerciale.
Centrale il ruolo degli agricoltori, impegnati nel produrre gli alimenti che poi i mangimifici utilizzano per formulare diete perfettamente calibrate in base alle esigenze nutritive delle diverse specie avicole. Alla fase di allevamento segue quella di trasformazione, forse la più impegnativa anche in termini di innovazione. Infine la distribuzione al dettaglio.
Ogni dipendente di un’azienda #avicola genera a sua volta 2,5 posti di #lavoro nelle successive fasi di produzione e distribuzione delle #CarniAvicole.
Importanti poi le ricadute occupazionali, tanto che lo studio di Althesys dice che ogni dipendente di un’azienda avicola genera a sua volta 2,5 posti di lavoro nelle successive fasi di produzione e distribuzione delle carni avicole. È da questo processo che si genera il valore condiviso del quale si è parlato.
Quando si acquista un petto di pollo, una fesa di tacchino o una delle mille preparazioni a base di carni bianche, non ci si limita a nutrirsi con un prodotto sapido e sicuro. Si sta compiendo un’azione che ha riflessi sul piano sociale ed economico. Un gesto di responsabilità del quale il consumatore è forse ignaro.
Quando si acquista un petto di #pollo, una fesa di #tacchino o una delle mille preparazioni a base di #CarniBianche, si compie un’azione che ha riflessi sociali ed economici.
Consapevole ne dovrebbe invece essere l’amministrazione pubblica, non sempre attenta a mettere in campo misure atte a migliorare la competitività del settore, che sui mercati globali deve confrontarsi con agguerriti rivali. Non generiche richieste di aiuti, ma l’impegno a realizzare accordi con Paesi, la Cina è uno di questi, ai quali proporre il prodotto italiano.
Secondo i dati forniti da Unitalia, nel 2018 l’export di carni avicunicole si è fermato poco sopra le 176mila tonnellate, per la maggior parte in ambito europeo. L’apertura di nuovi mercati consentirebbe al settore quella crescita altrimenti frenata dai consumi interni, che non offrono grandi spazi di aumento. Grazie ai “valori condivisi”, i benefici di un allargamento dei mercati internazionali potrebbe andare ben oltre il perimetro della filiera avicola. È opportuno tenerne conto.

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