Il delivery ed il mondo della ristorazione

Il delivery ed il mondo della ristorazione 

Le consegne a domicilio portano liquidità nelle casse dei ristoranti e l’incidenza sul fatturato dei format potrebbe presto decollare. I limiti? Fees troppo elevate, gestione delle ore di punta e condizioni meteo
Il food delivery si è ritagliato una parte importante nei bilanci delle catene di ristorazione. L’incidenza delle consegne a domicilio sul fatturato varia da un format all’altro, ma per i protagonisti del settore è chiaro che si tratti di un business dalle grandi potenzialità, non ancora del tutto espresse. Il delivery presenta al tempo stesso problematiche e opportunità: un’attenta gestione risulta quindi centrale per considerare questa modalità di vendita un volano (e non un fardello) per il giro d’affari dei locali.  Per capire il rapporto economico tra consegne a domicilio e fatturato dei locali, le modalità di gestione, le criticità e le occasioni di crescita, abbiamo coinvolto alcuni manager di format che vendono prodotti adatti a questo tipo di business.
Packaging di Berberè per il delivery
I fratelli Matteo e Salvatore Aloe, fondatori della catena di pizzerie Berberè
INCIDENZA E PREVISIONI
Innanzitutto, è interessante vedere quanto pesa il delivery sul giro d’affari dei ristoranti e le stime di crescita per il futuro. Le percentuali variano da catena a catena: “Su un fatturato totale di 31,5 milioni di euro nel 2018, il delivery incide per il 7%”, afferma Antonio Civita, amministratore delegato di Panino Giusto. La previsione a livello di crescita dell’incidenza è “almeno del 10% annuo”.  Salvatore Aloe, co-fondatore della catena di pizzerie Berberè (che punta a chiudere il 2019 attorno ai 10 milioni di fatturato totale in Italia) spiega che nei locali dove sono state inserite le consegne a domicilio “l’incidenza sul fatturato va dal 12 al 18%”. Le previsioni di Berberè sono positive: “Vista anche la storia di altri Paesi dove il delivery è partito prima, pensiamo che possa superare il 20% del fatturato del ristorante, diventando quindi un’importante componente dello stesso”.  Più cauto Domingo Iudice, co-fondatore di Pescaria: “Il fatturato dell’azienda è di 7,4 milioni nel 2018, su Milano abbiamo un 15% di incidenza sul giro d’affari”. Quanto alle previsioni di crescita dell’importanza del delivery, “credo che non potremmo superare il milione di euro di fatturato in un anno (ora siamo a 700mila euro). Potenzialmente potremmo crescere del 50%, ma verosimilmente, visto che ci sono problematiche connesse alle operation e alla qualità del servizio instore, potremo realizzare al massimo il 16-17% del fatturato in delivery”. Un altro format che guarda con interesse al delivery è Obicà Mozzarella Bar, che nel 2018 in Italia ha fatturato 24 milioni di euro (40 milioni di bilancio consolidato con Uk e Usa). L’amministratore delegato Davide di Lorenzo spiega che: “Su dieci punti vendita in Italia, al momento quattro offrono il servizio di consegna a domicilio: Brera e Centrale a Milano, Firenze e Parlamento a Roma”. Attualmente il delivery “incide del 4,2% sul fatturato di questi punti vendita, con picchi del 10% in una piazza più matura come Brera a Milano”. Per il 2019 Di Lorenzo prevede “una media del 6%” di crescita dell’incidenza del delivery sul business dei punti vendita e aggiunge: “Per Brera puntiamo al 12%. Prevediamo comunque di ampliare il servizio ad almeno un’altra location italiana entro quest’anno, in modo da arrivare a cinque punti vendita con delivery”. Le consegne a domicilio hanno pesato per circa l’11% sul fatturato 2018 di Briscola, che fa parte della holding di catene di ristorazione fast&casual Foodation. “Per quest’anno la percentuale dovrebbe rimanere sullo stesso ordine di grandezza”, spiega Federico Loffredo, responsabile del marketing della pizzeria.  Il delivery incide invece ben il 40% sul giro d’affari di PokeriaNicolò Caparra, Ceo & Founder di Good Eat Italia (gruppo che gestisce il format), racconta: “Ogni anno abbiamo l’obiettivo di incrementare con qualche punto percentuale l’attività di delivery, in proporzione alla crescita del fatturato”.
Le mozzarelle di bufala proposte da Obicà
L’amministratore delegato di Obicà Davide Di Lorenzo
PRODOTTO E PREZZO
Ci sono quindi differenze notevoli di incidenza tra una catena e l’altra. Le ragioni che stanno alla base di questa forchetta sono molteplici: dal tipo di piatto all’efficienza del gestore del servizio fino alla convinzione del ristoratore. Secondo Caparra, l’incidenza dipende soprattutto dal tipo di piatto: “Non tutti i piatti sono ben visti in delivery. Un’insalata, un Poke, un hamburger, un sushi sono perfetti sia per quanto riguarda il costo di vendita, a cui si somma il costo di delivery, sia come velocità di preparazione e quindi di tempismo nel farlo arrivare al cliente”.  Anche per Loffredo “la differenza la fa il tipo di prodotto”. Nel caso di Briscola è la pizza, “un prodotto tra i più ordinati nel mondo delivery in generale”. Ma Loffredo ci tiene a sottolineare che, comunque, nel nostro Paese conta ancora molto il prezzo: “In Italia il driver economico è tutt’oggi uno degli elementi che sposta di più le abitudini di consumo, più della qualità”.  Iudice elenca altre motivazioni: “In primis la distanza media del cliente. In secondo luogo, la modalità di delivery (diretta o esternalizzata). In terzo luogo, gli incentivi all’ordine: spesso alcuni player offrono consegne free, promo stagionali o giornaliere per far sì che aumentino le ordinazioni”. Per Aloe conta “sicuramente il tipo di piatto”, ma moltissimo dipende “dalla gestione del servizio sia della piattaforma di delivery sia del ristorante che deve essere preparato, veloce, con personale dedicato e adeguatamente formato, e con strutture adatte per accogliere i driver senza creare il caos”. “Offerta e velocità di preparazione” sono i due fattori chiave secondo Civita. Gli elementi che influenzano maggiormente l’incidenza “sono sicuramente la tipologia dell’offerta, oltre alla forza e alla reputazione del brand”, afferma Di Lorenzo. “Un ulteriore elemento che influisce è anche la posizione del ristorante: noi, a parità di offerta, andiamo molto bene in Brera a Milano, grazie alla posizione, mentre nella stessa città, con il ristorante in Centrale, il numero di ordini è più basso”. Infine, conta anche l’efficienza del servizio: “Per questo abbiamo scelto Deliveroo come unico partner, un partner affidabile che, grazie all’efficienza nella consegna, mantiene le caratteristiche e la freschezza dei nostri piatti”.
Consegna a domicilio delle pizze sharing di Briscola
Deliveroo per Nima, catena di sushi e uramaki
I DELIVERY PARTNER
A livello gestionale ci sono diverse strategie, anche all’interno dello stesso format, come nel caso di Panino Giusto: “Facciamo delivery diretto solo per il B2B, per il resto ci affidiamo alle aziende specializzate”, spiega Civita. Per Berberè il delivery è gestito da diversi brand: “Deliveroo per tutti i locali di Milano, Torino, Verona, Roma, mentre per il locale di Bologna ci appoggiamo a Sgam e per quello di Castel Maggiore (Bo) a Cosaordino”, precisa Aloe.   Le consegne a domicilio di Pescaria sono affidate “in esclusiva al partner Glovo di cui siamo top client”, afferma Iudice. “Abbiamo attività di co-marketing che permettono di creare valore per entrambe le realtà e un servizio altamente personalizzato con tempi di reazione del call center massivi. Glovo ha la garanzia di un brand capace di veicolare traffico e lead in virtù di una bassa sostituibilità di prodotto”. Come anticipato, Di Lorenzo spiega che Obicà “in Italia e in Uk ha un’esclusiva con Deliveroo”. Stessa cosa per Pokeria, mentre Briscola si affida a tutti i player principali: Deliveroo, JustEat, Glovo e UberEats. Un altro aspetto da considerare, ma che non tutti vogliono svelare, è il costo medio del food delivery sul conto. Nel caso di Pokeria “i contratti attualmente vanno da un 30% per i top partner a 35% per i nuovi affiliati”. La fee del player di delivery “si aggira tra il 25% e il 30%” per Briscola. Il 30% è la cifra dichiarata anche da Panino Giusto. Pescaria dichiara un’incidenza media inferiore, pari al 15%. Berberè e Obicà, invece, preferiscono non comunicare questo dato.
Antonio Civita, titolare di Panino Giusto
Panino Giusto, Cordusio a Milano
PROBLEMATICHE E OPPORTUNITÀ
Nella gestione quotidiana del delivery emergono sia problematiche sia opportunità. “Se si aggiunge al costo delle fees da riconoscere alle aziende, per la gestione di ordini e consegne, anche quello del packaging, spesso i margini si rivelano bassissimi”, osserva Civita. “Inoltre spesso il delivery stressa ancora di più le operation nelle ore di punta, durante le quali siamo già molto impegnati”. L’ad di Panino Giusto vede però le opportunità “nella crescita che questa area di business ha e avrà, e nel fatto che, a mio parere, il cliente potrebbe anche essere disposto a riconoscere un prezzo più alto degli attuali se sicuro di poter avere un prodotto-servizio adeguato per vivere una buona esperienza anche a casa o in ufficio”. Più che di problematiche, Aloe parla di “cambiamenti”. Il delivery “ha un impatto sulla vita di un ristorante, sulle tempistiche e sulle professionalità dedicate a esso. Inoltre, banalmente ma non troppo, ha un impatto anche sui layout dei ristoranti stessi che devono essere riadattati per accogliere i driver, per rendere efficienti  le consegne senza impattare sull’esperienza dei clienti che decidono di cenare o pranzare da noi”. Per un brand di ristorazione contemporanea, come Berberè, “raggiungere i propri clienti anche a casa o in ufficio è comunque una grande opportunità non solo di vendita, ma anche per consolidare la conoscenza del marchio e la fedeltà”. Per Pescaria le opportunità sono legate, senza mezzi termini, “al fatturato incrementale”. Le maggiori minacce, invece, sono dovute al fatto che “delivery e servizio classico di fatto coincidono: quindi significa gestire in modo bilanciato il servizio e la preparazione, soprattutto perché una non deve peggiorare o inficiare la qualità dell’altra”. Di Lorenzo crede che le opportunità riguardino “l’abbattimento della componente fissa del costo del lavoro e degli altri costi fissi, l’aumento della brand awareness e la possibilità di disattivare la ricezione ordini o modificare le tempistiche di consegna per non compromettere la normale operatività del locale”. La maggiore criticità, invece, “è legata al costo del servizio svolto dai partner”.  Per Briscola la consegna a domicilio rappresenta l’occasione per “raggiungere il cliente direttamente a casa, aumentando la notorietà del brand”. Per questo motivo l’azienda ha realizzato degli appositi cartoni per il delivery “molto diversi dai canoni classici”. La problematica principale è quella di “gestire i tempi di consegna e il trasporto di prodotti delicati, mantenendo la qualità del prodotto”.  La criticità più riconoscibile con il servizio di delivery, secondo Caparra di Pokeria, è “il vincolo con le condizioni metereologiche: essendo la bicicletta il mezzo di trasporto più diffuso tra i rider, in caso di maltempo la maggior parte degli ordini non viene consegnata o subisce forti ritardi. Ne seguono quindi una serie di lamentele da gestire”. L’opportunità maggiore che offre il delivery “è sicuramente quella di fornire un servizio aggiuntivo a ogni punto vendita, oltre che una più ampia copertura territoriale”.

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