Calcolare il Food Cost e gli altri costi di gestione di un ristorante
I primi due interventi utili
Mi capita (purtroppo e sempre più spesso) di essere consulente di ristoranti che sono in perdita, ossia locali che non hanno potuto o voluto effettuare i giusti calcoli (food cost, etc.) prima che si arrivasse ad un punto in cui lo stesso gestore, i dipendenti e perfino i consulenti fanno molta fatica a trovare immediate soluzioni.
Come affermo sempre durante il mio corso "Come gestire un ristorante nel 2019", chi è in perdita è quasi sempre indebitato, non genera cassa e non ha fondi per investire. In tali casi ci sono due interventi rapidi da fare: analizzare la contributività dei prodotti venduti e la redditività dei clienti.
Contributività dei prodotti
Se l’azienda è in perdita sicuramente ha prodotti o clienti in perdita. Eliminando tali prodotti e diversificando la clientela, si ottengono due risultati: incremento della marginalità e, dunque, capacità di produrre reddito. Ma iniziamo a parlare della contributività del prodotto.
Contributività di un piatto
Quando un piatto è in perdita? Quando non contribuisce, in termini di marginalità, alla gestione del tuo ristorante. Il margine che devi calcolare è, naturalmente, quello contributivo.
Ma come si calcola? Semplice, sottraendo al prezzo di vendita il suo Food Cost.
Definizione Food cost
La definizione esatta di Food Cost è costo delle derrate alimentari utilizzate per la produzione e il confezionamento dei piatti. Il Food Cost di un piatto, dunque, rappresenta i costi della materia prima impiegata per produrre e confezionare quel piatto. Il calcolo prevede la stesura di una distinta base, che raccolga materie prime utilizzate e le grammature relative, alla quale attribuire i costi sostenuti per la produzione.
Da qui, il calcolo del margine di contribuzione è molto semplice.
Redditività del cliente
Per quanto, invece, attiene ai clienti quali sono le analisi da fare?
Innanzitutto bisogna considerare il cliente come un centro di profitto e associargli non solo ricavi ma anche i rispettivi costi sostenuti dall’azienda per la sua soddisfazione.
Sulla base di queste considerazioni, si possono decidere le strategie da seguire verso ogni tipologia di clientela che serviamo:
a) Partnership. Si tratta di clienti che producono sia redditività che un alto fatturato: vanno, pertanto, gestiti in partnership, rendendoli, cioè, partecipi attivi del modello imprenditoriale;
b) Mantenimento. I clienti con un basso livello di redditività, ma un alto fatturato servono a supportare il passa parola per l’azienda, e a raggiungere il punto di pareggio, vanno mantenuti senza particolari investimenti;
c) Sfide. I clienti con alta marginalità, ma basso fatturato sono le sfide, bisogna investire e recuperare fatturato. Sono i clienti ad alto potenziale da definire con priorità massima;
d) Gestione selettiva. I clienti con bassa marginalità o marginalità negativa vanno gestiti selettivamente investendo su quelli che potrebbero avere un valore futuro maggiore.
Riuscire a lavorare su prodotti e clienti in questo modo può far recuperare redditività perduta e riportare il bilancio in attivo, parola mia.
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