REGOLE DI SERVIZIO
Lavorare dietro un bancone di un bar, o tra i
tavoli di un ristorante, o un bancone della GDO, ha un profondo valore e
saperlo fare bene, con amore, disciplina ed etica professionale, porterà a
risultati più che positivi e all’incremento dei guadagni.
Il successo di un bar o di qualsiasi altro pubblico esercizio non dipende solo da un arredo
professionale di design e qualità, dal menù e dagli appuntamenti esclusivi che
propone, il successo di un locale, e i relativi introiti, sono garantiti soprattutto dalla capacità del
personale di empatizzare con le aspettative dei clienti.
Le armi segrete dell’operatore sono un sottile sguardo
psicologico atto a riconoscere il tipo di cliente che si accosta al banco, le sue preferenze e i suoi
bisogni, e la destrezza, tecnica e comunicativa che l’operatore (barrista o
cameriere o banconista) sviluppa per soddisfare queste necessità durante il
servizio.
Non servono corsi di studio particolari per acquisire queste
abilità, ma servono sensibilità,
propensione verso il rapporto interpersonale e il sorriso. Un sorriso a chiunque entri nel locale è un biglietto da
visita eccezionale.
Recenti studi di settore, intrapresi per delineare queste
dinamiche, hanno dato indicazioni su come approcciarsi al cliente e poter
lavorare al meglio in relazione ad esso, sottolineando gli step fondamentali
per aumentare la soddisfazione
del cliente. Quello che era una
consuetudine non scritta tra gli operatori delle generazioni passate, è stata
codificata per rendere più facile l’approccio delle nuove generazioni a questi
lavori che risente della crisi e del cambio dei costumi nella società.
Quali sono le regole fondamentali per un barista che vuole
soddisfare il proprio cliente anche come persona?
Gli studiosi hanno battezzato questa norma,
sin’ora non scritta, come la regola delle tre A, dove le A stanno per
Attenzione, Ascolto e Azione.
Attenzione
L’attenzione dell’operatore deve esser rivolta
sia al cliente sia al lavoro che si sta svolgendo per soddisfarlo.
Purtroppo, con l’andare del tempo, con gli automatismi che si
acquisiscono, viene a mancare quella partecipazione alle azioni che si compiono.
Il semplice fare un caffè, o porre un prodotto al cliente, diventa un’abitudine
professionale che perde in attenzione anche solo nel porre la tazzina davanti
alla persona che l’ha richiesto. E questo viene notato.
Il cliente vuole sentirsi unico anche se è la
centesima persona che entra.
Il sistemare una tazzina, un cucchiaino, il confezionare a
regola d’arte un panino, sono azioni che vengono compiute sotto l’occhio di
tutti, e, anche se il flusso di clienti può essere abbondante, non deve mai
mancare quella cura che rende il servire un’arte. E’ molto fastidioso entrare
in un bar, chiedere un caffè e vedersi “lanciare” la tazzina o vedersi servita
una focaccia dove gli ingredienti sono un’accozzaglia indefinita servita in
modo sciatto e senza professionalità. Questo denota la mancanza di attenzione
che si traduce, agli occhi di chi sta dalla parte di chi è servito, in mancanza
di voglia di lavorare e di sensibilità.
Ascolto
La parola ascolto non deve necessariamente essere identificata
con quello stereotipo tipico dei film dove l’operatore fa da psicologo al
cliente, la parola ascolto significa osservare la persona che si ha davanti e
interagire con essa. A seconda della tipologia di avventore cambia il tipo di
ascolto che il barista può dare. C’è il cliente frettoloso, l’habitué, e colui
che cerca il contatto.
Gli analisti del settore dividono queste
tipologie di frequentatori in presto-tempo, prendi-tempo e perdi-tempo e sta
all’operatore individuare e soddisfare il bisogno di ascolto delle diverse
persone che si approcciano al bancone.
Non è facile e non tutti sono portati a questo tipo di
interrelazione, ma come per l’attenzione, i clienti si accorgono se l’operatore
ascolta in automatico o distrattamente o non ascolta per niente.
L’avventore frettoloso non richiede un grande ascolto, ma in
questo caso l’operatore deve concedere spazio. Solitamente questa tipologia di
cliente si presenta con i colleghi di lavoro o con un gruppo serrato di persone
e si riconosce perché si avvicina al banco senza interrompere l’azione già
intrapresa prima di entrare nel locale. L’operatore deve mantenere alta la
soglia di attenzione per cogliere le ordinazioni e soddisfarle ma avere la
sensibilità di defilarsi per lasciare spazio al gruppo senza sembrare curioso.
Il cliente abituale o prendi-tempo è la pietra angolare del
locale. E’ il cliente di cui si conosce il nome e al quale si può concedere una
buona dose di ascolto. E’ colui che porterà gli amici o la famiglia per una
colazione o un aperitivo aumentando il giro d’affari (ristorante o bar). Di lui
si sanno i gusti e le preferenze. Ma attenzione a non farsi coinvolgere troppo
e rischiare di perdere in attenzione durante il servizio. Per servire un
avventore abituale, con cui può essere piacevole conversare, si può avere un
calo di attenzione verso gli altri e verso il lavoro. Sta all’intelligenza e
alla sensibilità dell’operatore tener sotto controllo il bisogno di ascolto di
questi soggetti e sapersi concedere a tutti con la stessa delicatezza e
professionalità.
Saper lavorare invece con coloro che hanno bisogno del contatto
personale invece è molto difficile. Richiedono attenzione più delle due
categorie prima indicate e assorbono molta energia e attenzione anche in
momenti di grande lavoro. Qui subentra non solo l’ascolto ma l’educazione del
barista, che a volte, con certi soggetti, può arrivare a perdere la pazienza.
La perdita di pazienza non si traduce in maleducazione ma un calo visibile e
pericoloso dell’attenzione e in una momentanea chiusura psicologica, non solo verso
il soggetto in discussione, ma verso tutti coloro al di là del bancone.
Azione
E’ il risultato finale delle A precedenti. Il far bene le cose,
il sapersi porre al cliente porta al compimento di azioni che, se fatte bene,
portano ad un risparmio di tempo e nel guadagno in termini interpersonali e di
introiti.
Agire presuppone attenzione e
osservazione-ascolto degli avventori. Agire non significa far bene un
tramezzino o un cappuccino, ma significa interpretare come il cliente vuole che
si compia un’azione.
Questo va coniugato con i normali ritmi lavorativi e le azioni
che si compiono ogni giorno. Chiedersi sempre se si sta facendo il massimo e al
meglio porta a cercare soluzioni migliori sia per quanto riguarda i rapporti
interpersonali sia per quanto riguarda il lavoro per soddisfare i bisogni del
cliente.
Queste semplici regole, che definiscono in linea di massima un’etica professionale, vanno rispettate e permettono al giro di affari di crescere.
Potrebbero sembrare ovvie agli occhi di chi fa l’operatore da anni, ma sempre
più spesso, entrando in locali dove, al di là del bancone, si trovano operatori
molto giovani, questo viene a mancare.
Molto spesso capita di entrare in bar, ristorante o GDO dove un
giovanissimo operatore sta armeggiando con il proprio smartphone o sta intrattenendo
una discussione con amici o clienti coetanei. Quanta attenzione, ascolto e
azione dedica al suo lavoro? Quasi nessuna. E il fastidio e l’insofferenza da
parte del cliente sono quasi istantanei. In quel bar, sicuramente, non tornerà.
Il proprietario, i manager dovranno accertarsi
della professionalità dei propri dipendenti, oppure, se è proprio il
proprietario il giovane inesperto dietro al bancone, imparerà a proprie spese
quanto, le doti di attenzione, ascolto, azione, sono fondamentali per
l’immagine e i guadagni dell’esercizio.
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