Trovare personale di sala nei ristoranti è sempre più un'impresa. Alcuni casi

Trovare personale di sala nei ristoranti è sempre più un'impresa. Alcuni casi

Orari impossibili, improvvisazione, lavoro nero e pretese assurde: è davvero emergenza sala? Ne abbiamo parlato con alcuni chef e ristoratori e ci siamo fatti raccontare qualche aneddoto.
Trovare personale di sala nei ristoranti è sempre più un'impresa. Alcuni casi
Nei colloqui si sente di tutto, per questo Giuseppe Iannotti (Kresios di Telese Terme) anticipa tutti e la mette giù dura: “Li faccio sedere e parlo io” spiega “gli dico: che vuoi fare da grande? E poi inizio: sai che tutti i giorni rossi si lavora? E anche tutti i prefestivi, si entra alle 10.30 la mattina e se riusciamo stacchiamo” e aggiunge: “si riposa, se non ci sono impegni, la domenica sera e il lunedì. Altrimenti si lavora. Se ce la fai benvenuto al Kresios”. Prende il toro per le corna, per evitare perdite di tempo.
Perché il gran carrozzone del cibo attrae con forza centripeta gli indecisi e quelli che seguono il pifferaio magico delle comparsate tv e delle copertine dei giornali, storditi dalle luci di una ribalta meramente virtuale. E se in cucina si capisce facilmente chi ha capacità e motivazione e il personale non manca, non altrettanto si può dire per la sala. Dove ancora (anno 2017, con il comparto ristorazione che impiega oltre 370mila persone secondo il rapporto Fipe sull'anno 2016) fare il cameriere viene considerato da molti un ripiego, magari temporaneo, oppure una strada d'accesso secondaria al luccicante mondo dell'alta cucina. “La prima domanda che fanno è lo stipendio” dice Mario Sansone patrondi Marzapane a Roma “Chiedono quanto mi dai, senza parlare di mansioni e competenze, forse pensano di diventare milionari da un momento all'altro e che il ristorante sia il paese dei balocchi”.

Mal comune...

I problemi ci sono” ammette Giancarlo Morelli del Pomiroeu di Seregno. “Il personale è fondamentale per ogni imprenditore, e il personale di sala è un vero valore aggiunto, un lavoro pieno di bellezza e complessità”. Ma ancora poco seduttivo. “4 mesi di recruiting: trovare quattro persone è stato difficilissimo” dice Mario Sansone “quest'estate abbiamo rischiato di ritardare l'apertura al teatro dell'Opera per mancanza di personale in sala”. Sembra impossibile, in un'Italia che lamenta una drammatica emergenza lavorativa. “E invece il lavoro c'è”. Non c'è chi lo vuole fare? “Il problema è la mentalità di questi ragazzi, ci parli e ti chiedi che faranno nella vita e dove andranno”. Ma è così ovunque o alcune città sono più complicate di altre? Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Morelli che tra il suo primo ristorante a Seregno, i locali a Milano (il Giancarlo Morelli e il Bulk nell'hotel Viu, e la Trattoria Trombetta) e quello – stagionale - in Costa Smeralda occupa – solo in sala - 45 persone tra fissi e stagionali. “No, tutto considerato, non c'è differenza tra un posto e l'altro, ci sono le stesse difficoltà e le stesse possibilità ovunque”. Però aggiunge: “Se paghi la professionalità trovi le persone che vanno bene, ci sono delle cose che i ristoratori devono mettere a fuoco: che si deve fare il giusto per chi fa bene il suo lavoro”. Perché qualcuno bravo c'è, contesissimo: “parlerei anche dei ragazzi virtuosi” aggiunge infatti Iannotti “quelli che credono nel progetto, sono loro stessi il progetto”. Trovarli non è semplice: ancora pochipensano – prima di cominciare - che la ristorazione comporta lavoro nei festivi, fatica fisica, stress e regole: “alcuni arrivano conciati come per un rave”racconta Sansone “in un ristorante di un certo tipo bisogna avere un aspetto adeguato”. Lo scopriranno presto, dopo il primo contatto scritto, quello del curriculum.

Letture imprevedibili: i curriculum

Ho letto di tutto nei curriculum” dice Iannotti “da cerco lavoro come aiuto chef a come posso fare per diventare un maître”, come se per coprire un ruolo, in un ristorante, non occorresse fare un percorso come in altre professioni ma ci si arrivasse per decisione dall'alto. Spulciando qua e là: “Ho visto tutte le puntate di Master Chef e vorrei entrare in una cucina come la sua”; “ho esperienze nel settore della ristorazione” a fronte di un curriculum con soli corsi di massaggio ayurvedico, c'è anche chi gioca la carta della sincerità: “se cercate gente con esperienza lasciate stare, non ho mai fatto nulla”.
Dall'invio del curriculum al lavoro ci passa almeno un colloquio. E già in questa occasione molte altre cose si chiariscono: tra quelli che non si presentano all'appuntamento senza neanche avvisare o arrivano due ore dopo, sempre senza preavvisi, e chi polemizza già al primo incontro c'è una bella varietà di tipi da inquadrare.

Questioni di fede

Le prime battute sono spesso emblematiche. Si parla di religione: “Non lavoro di venerdì perché sono testimone di Geova” (Iannotti), fede calcistica “sono abbonato alla A.S. Roma e la domenica non posso proprio” con tanto di opzione nel caso in cui la “magica” giocasse il sabato sera: “Un permesso?” (FabioSpada con Cristina Bowerman da Glass Hosteria e Romeo a Roma), mobilità “devo finire entro mezzanotte perché vengo con i mezzi pubblici” (Sansone). Passando, ovviamente, alle sempreverdi questioni di cuore: “il sabato e la domenica li vorrei di riposo perché la mia compagna non lavora e vorrei stare con lei”. C'è chi al primo giorno di lavoro si presenta con il piano ferie in mano e chi chiede “dato che sono a dieta e vorrei dimagrire, posso mangiare solo queste cose” e via con la lista consegnata prontamente in cucina. Chi annuncia una possibile assenza domenicale per un possibile lutto in famiglia, “tutto in forse e tutto possibile” dice Iannotti, e tutto poco credibile. “Vengono e dopo due giorni di prova, quando vedono che si lavora sodo, inventano le peggiori scuse” dice Sansone. “Sarò fortunato, ma chi viene a proporsi da noi di solito ha voglia di lavorare, in tanti anni non mi sono mai capitate richieste come di non lavorare di sabato” è l'esperienza di Giancarlo Morelli. Dovesse succedere? “Significa che ho sbagliato io a fare il colloquio e gli consiglierei vivamente di smettere subito di fare questo lavoro”. Ci pensa un po' e aggiunge: “Poi è ovvio che si fanno i turni e a volte si ha il week end libero e si possono chiedere permessi. Non è mica una galera”.

Esperienze eterogenee e formazione

Ci terrei a far presente che sono stato segretario giovanile di un noto partito politico”esordio disarmante per un candidato a un posto di cameriere a Roma, che ha poi spiegato il motivo di tale informazione: “Glielo dico solo per farle capire che sono una persona abituata alla disciplina, all'ordine, al comando”. Certo, magari èuna notizia da tenere a mente, ma cosa serve davvero in sala? “Persone che abbiamo aspirazioni e siano motivate” dice Morelli “con voglia di crescere, l'attitudine a migliorare e a mettersi in gioco, non cerco uno che mi dica che sa già tutto”. Voglia di lavorare, passione e curiosità per questo mondo sono le qualità necessarie per Mario Sansone che spiega: “In sale tipo la nostra si fanno belle esperienze, si conoscono persone interessanti di diverse nazionalità, si servono e si conoscono vini e prodotti importati” e aggiunge “Se sei curioso il lavoro di cameriere può dare tanto”.
Le esperienze precedenti contano? “Ogni locale è a sé, capita di leggere di gente che ha fatto 4 avviamenti di ristoranti a Londra o che è stata responsabile di sala a New York, poi rivela un sacco di lacune” spiega Morelli. Fino ad arrivare a chi sulla carta ha tantissima esperienza, poi alla prova concreta non sa fare nulla. “Una volta uno stagista mi ha chiesto, al pass, quale fosse la trota e quale il risotto” racconta Iannotti, gli fa eco Sansone “arrivano con curriculum che sembrano campioni del mondo, poi non sanno portare due piatti né aprire una bottiglia”. Al punto che Giancarlo Morelli ha preso una decisione netta: “ho deciso di fare io la formazione: da come vogliamo che si risponda al cliente a come ci si presenta a come si svolgono alcune mansioni, partiamo da zero”. Dunque sceglie giovani appena usciti dagli studi o che hanno appena deciso di cambiare vita “perché capita anche questo,oggi il mondo della sala è cambiato: servono persone colte che sappiano non solo di cibo e vino ma anche di merceologia degli alimenti e di altri argomenti. Devono saper parlare e rispondere a diverse questioni, senza contare che anche i clienti sono molto più preparati. Dunque la cultura generale serve”. Chissà quanto vale davvero un buon curriculum?

Costi, spese e nero intorno

In genere vedi subito chi è capace e ha voglia e chi no, ma c'è chi ha bisogno di un po' più di tempo per ambientarsi” spiega Sansone “Noi facciamo due o tre giorni di prova retribuita e poi, se vanno bene, facciamo una proposta”. Quali sono i contratti? “A partire da quasi 1200 euro netti al mese con 14 mensilità, più le mance che in locali come il nostro possono essere anche consistenti”. Per alcuni è troppo poco. Perché nella ristorazione c'è tantissimo sommerso “una giornata di lavoro, in nero, può arrivare anche a 80 euro al giorno, a volte anche di più” continua. Quanti preferiscono 1000 euro in nero lavorando 3 giorni a settimana invece che 1200 per tutti i giorni ma in regola? Ma a voi quanto costa un dipendente? “1200 euro per 14 mensilità, più una per il Tfr, che con tasse e contribui fa circa 36mila euro l'anno”. Una lotta impari tra chi con il lavoro nero inquina il mercato e chi fa le cose in regola, pagando tasse e contributi, e che si trova di fronte lo sguardo miope di chi dice “tanto in pensione non ci andrò mai”, e preferisce prendere 20 o 30 euro più al giorno, senza assicurazione, senza tutele e pensando solo al presente. È ignoranza, di fondo, perché “così, mettendo subito i soldi in tasca, guadagna molto di meno” aggiunge Morelli. “se noi tutti fossimo compatti contro il lavoro nero le cose cambierebbero”. Invece chi fa il furbo c'è e il mercato è spaccato. “Ma poi, un bravo imprenditore non mette a rischio un'azienda con possibili conseguenze anche legali per una cosa del genere” fa, e aggiunge “anche nel lavoro a chiamata c'è modo di regolamentare. Togliendo i voucher si è fatto un grande passo indietro: invece di aumentare i controlli, come si era iniziato a fare, sono stati eliminati degli strumenti utili”.

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