La dieta etica come stile di vita


La “dieta etica” come stile di vita



Dieta deriva dalla parola greca diaita, che significa modo di vivere. Nel tempo la parola ha assunto il significato che oggi le attribuiamo, e cioè con dieta si intende un regime alimentare rivolto a determinati scopi terapeutici. E quando si parla di terapia o anche di modo di vivere, il richiamo al concetto di etica è d’obbligo.
I medici prestano il famoso Giuramento di Ippocrate, prima di iniziare ad esercitare, con lo scopo di garantire l’integrità etica del loro operato al fine di non nuocere al paziente in nessun caso. Nel caso delle prescrizioni dietetiche, non nuocere vuol dire proporre al paziente uno stile di vita, una dieta, sana e adatta alle sue esigenze nutrizionalima anche sociali, alle sue abitudini.
Per questo ad un vegano, anche se in presenza di carenza di ferro, zinco o vitamina B12, non si prescriverà come terapia dietetica l’assunzione di carne e derivati, così come ad un onnivoro non si consiglierà, laddove non motivato dalla necessità di cura, l’eliminazione di tali alimenti. Il rischio è infatti quello di confondere il paziente che spesso si reca nello studio del professionista con delle convinzioni del tutto distorte su quali siano gli alimenti che “fanno bene” e quelli che “fanno male”.
Una vera e propria risposta a queste domande non c’è, perché in nutrizione collettiva vale il principio cui si appellava Paracelso “Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.” e cioè, “Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”.
Posto che in presenza di patologie, cambia la dose tollerata di uno specifico nutriente e dunque degli alimenti che lo contengono (si pensi ad esempio all’assunzione di zuccheri nel caso dei diabetici o di glutine nei celiaci), in assenza di patologie l’alimentazione corretta è quella equilibrata che quindi prevede una dieta varia e il meno possibile monotona.
Per questo un paziente ben informato è un paziente consapevole del fatto che non ci sono alimenti che “fanno bene” nella maniera più assoluta, o viceversa. L’acqua è necessaria, ma deve essere assunta nelle corrette quantità: bere più di 4 litri al giorno può danneggiare l’organismo, le patatine fritte non sono necessarie, ma mangiarne una porzione occasionalmente non nuoce in maniera assoluta alla salute. Ma se l’assunzione di alimenti ricchi di grassi e di zuccheri è ripetuto, allora sì che questi si trasformano in veleno per il nostro corpo.
La dieta etica è quindi una dieta prima di tutto ben spiegata al paziente, che deve essere consapevole delle sue scelte nutrizionali e che nel tempo deve assumere una personale capacità di giudizio sull’alimento che assume. Ma, come detto prima, la dieta è anche stile di vita e non solo un atto medico: veganesimo e vegetarianesimo sono una scelta prevalentemente etica.
La pubblicità dei prodotti alimentari sui media, sui social, sul packaging degli stessi è una scelta etica delle aziende, che impatta sull’alimentazione dei singoli; si pensi solo al caso della dicitura “gluten free”, utile per il celiaco, ma inutile e perlopiù dannosa per chi non deve eliminare il glutine dalla sua dieta.
Alcune diciture possono essere fuorviantisoprattutto se il fruitore non è particolarmente informato o non è mai stato utente di un servizio dietetico ad hocprestato da un dietista nutrizionista. Il rischio è quello della confusione totale che si estende con i paroloni del marketing: “OGM free”, “senza olio di palma”, “povero di sale”; queste informazioni sono spesso mal interpretate. Il segreto per evitare malintesi è informarsi, verificare le fonti delle informazioni e quando il dubbio rimane, parlarne con un professionista per poter scegliere con consapevolezza.

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