IL NITRITO NASCOSTO
IL NITRITO NASCOSTO
Tutti gli operatori del settore alimentare sono tenuti, per la pubblicità e l'etichettatura dei prodotti alimentari, ad utilizzare espressioni veritiere e fondate su prove scientifiche riconosciute. Tali espressioni, partendo dalla ratio dell'art. 13 comma 1 della legge 283/62 che tutela la buona fede del consumatore, non devono indurre quest'ultimo in errore circa le proprietà di un alimento e devono essere conformi al Reg. UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, e al Reg. CE 1924/2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.
La domanda crescente di prodotti “naturali” o “senza qualcosa” (free from) ha spinto diverse aziende produttrici di salumi a sostituire i nitriti/nitrati “artificiali” comunemente utilizzati come conservanti alimentari - oltre che come esaltatori di sapidità e di rafforzativi del colore - con estratti di diverse varietà di vegetali (rosmarino, spinaci, sedano ecc.) contenenti per natura notevoli quantità di nitriti e nitrati.
Questa sostituzione, pacificamente consentita, non modifica tuttavia la composizione chimica dei salumi poiché i nitriti e nitrati, a prescindere dalla loro origine, sono comunque presenti in queste preparazioni.
Chi poi vanta in etichetta l’assenza di conservanti “artificiali” pur avendoli deliberatamente utilizzati ricorrendo a fonti “naturiste” oltre a mettere in atto una "pratica sleale" al fine di avvantaggiarsi nei confronti dei competitor corretti, fornisce un'informazione falsata che può riverberarsi in un rischio concreto per la salute di consumatori sensibili o intolleranti ai nitriti/nitrati.
Questa categoria di consumatori infatti, al pari delle persone affette da celiachia o da altre intolleranze alimentari, si auto protegge rifuggendo dall’acquisto e dal consumo di alimenti contenenti sostanze pericolose per la loro salute confidando nella responsabilità e nella buona fede delle dichiarazioni riportate in etichetta dal produttore e dalla serietà nella selezione dei fornitori messa - doverosamente - in atto dal venditore/dettagliante.
Si sottolinea al riguardo come la normativa vigente assegna all’OSA il compito/responsabilità di garantire che gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare (cfr. regolamento CE n.178/2002 ed in particolare l'articolo 17).
Infatti gli operatori del settore alimentare sono in grado, meglio di chiunque altro, di elaborare sistemi sicuri per l'approvvigionamento alimentare e per garantire la sicurezza dei prodotti forniti (cfr. considerando n.30 del regolamento CE n.178/2002).
Nel caso in cui vengano offerti prodotti che non riportano in etichetta la presenza di conservati o, peggio ancora, che ne enfatizzano l’assenza, espone ad un rischio elevato quegli stessi consumatori che selezionano i loro acquisti confidando nella correttezza delle dichiarazioni riportate in etichetta e che invece incappano nel medesimo pericolo che intendevano scongiurare a causa del raggiro di cui diventano vittime.
Non è plausibile, infatti, che degli operatori economici professionisti incappino in modo inconsapevole in queste “sviste” per ingenuità o beata ignoranza, facendo apparire come sicuro un prodotto che in realtà non lo è, dal momento che, al riguardo, non difettano di certo né le normative né i pareri scientifici.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 26 maggio 2016, che modifica il Decreto ministeriale 21 settembre 2005 (Decreto salumi), finalizzata ad adeguare il testo all’evoluzione delle tecnologie produttive, delle caratteristiche delle materie prime ed ad aggiornarlo sulla base delle modifiche della normativa comunitaria sugli additivi alimentari e sugli aromi, è stato introdotto all’ Art. 15 il «Capo III-ter Disposizioni comuni - Art. 20-novies -Ingredienti che apportano nitrati, nitriti. Tale aggiornamento prevede che:
1. Si configura impiego di additivi alimentari l’utilizzo nei prodotti a base di carne di ingredienti che apportano nitrati, nitriti o entrambi, in modo da ottenere effetto conservante nel prodotto finito. L’impiego di tali ingredienti non consente di vantare l'assenza di conservanti.
Il Ministero della Salute, con la circolare 36275 del 12 set. 2017 ha ulteriormente chiarito i termini di impiego del claim "senza additivi" nelle preparazioni a base di carni, considerando l'indicazione non conforme al dettato normativo di cui al Reg. 1169/2011 art. 7 in quanto capace di indurre in errore il consumatore suggerendo per esempio, "che l'alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l'assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive. Infine la circolare prendeva in esame anche l'ingrediente "fibre vegetali" o "estratti vegetali" i quali devono riportare la specie vegetale da cui provengono.
Lo scorso 17 settembre, inoltre, il Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff) dell’Unione europea ha adottato all’unanimità un parere (A.9) in merito all’utilizzo di estratti vegetali che svolgono una funzione tecnologica negli alimenti.
Nel parere vengono riconfermate le posizioni già espresse dalla Commissione nelle dichiarazioni del 2006 e del 2010, ovvero che l’uso di estratti vegetali che svolgono una funzione tecnologica (conservante, antiossidante, stabilizzante etc.) negli alimenti deve essere considerato come utilizzo volontario dell’additivo alimentare.
Di conseguenza, per l’uso degli estratti di cui sopra - essendo essi stessi considerati additivi alimentari - devono essere rispettate le condizioni stabilite dalla normativa vigente sugli additivi (comprese le specifiche pertinenti) e i prodotti per i quali è consentito l'utilizzo devono essere etichettati conformemente alle pertinenti disposizioni in materia di etichettatura.
Lo stesso vale per alcuni estratti vegetali impiegati nei prodotti alimentari anche in funzione di "aroma".
A tal proposito, il Comitato ribadisce che, nel caso in cui gli aromi sono aggiunti intenzionalmente agli alimenti con uno scopo tecnologico ulteriore rispetto alla funzione aromatizzante, tale aggiunta viene considerata un'additivazione:
- ·Laddove siano aggiunti intenzionalmente con uno scopo tecnologico ulteriore rispetto alla funzione aromatizzante, tale aggiunta viene considerata un’additivazione.
Pertanto, anche in tali casi si applicherà la normativa in materia di additivi alimentari.
Ricordiamo che soltanto gli additivi alimentari inclusi nell' elenco comunitario dell'allegato Il del Regolamento 1333/2008 possono essere utilizzati negli alimenti alle condizioni d'impiego ivi specificate.
In relazione a ciò, il rappresentante della DG SANTÉ, Jiri Sochor, nel corso della riunione del CLITRAVI del 2 ottobre scorso, ha ribadito il principio della prevalenza della normativa sugli additivi: se un estratto vegetale svolge una funzione tecnologica, si applica la normativa sugli additivi e quindi l’estratto in questione dovrà figurare nell'elenco UE degli additivi autorizzati.
Se questa situazione non ricorre, l’estratto non è autorizzato come additivo alimentare e vi è quindi una violazione dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1333/2008 sugli additivi alimentari.
Ne deriva che non è consentito vantare in etichetta, l’assenza di conservanti (chimici e l’uso di conservanti naturali), indicando la presenza di ingredienti con le diciture ‘aroma naturale’ o ‘estratto vegetale’ che hanno nell’alimento uno scopo conservante o antiossidante perché tali sostanze non sono riconosciute come tali dalla normativa sugli additivi.
Le sanzioni amministrative applicabili in tali casi sono quelle previste dal Decreto Legislativo n. 231 del 15 Dicembre 2017 “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011… e riguardano sia il produttore che il rivenditore, rispettivamente:
Articolo 3
Violazione delle pratiche leali di informazione di cui all’Art. 7 del regolamento
- Salvo che il fatto costituisca reato e ad esclusione delle fattispecie specificamente sanzionate dalle altre disposizioni del presente decreto, la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 7 del regolamento sulle pratiche leali d’informazione comporta per l'operatore del settore alimentare l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 3.000 euro a 24.000 euro. (OSA responsabile primario)
Art. 4
Violazione degli obblighi informativi da parte degli operatori del settore alimentare di cui all'articolo 8 del regolamento
- Salvo che il fatto costituisca reato, l’operatore del settore alimentare diverso dal soggetto responsabile di cui all'articolo 8, paragrafo 3, del regolamento, il quale, in violazione delle disposizioni di cui al medesimo paragrafo 3, fornisce alimenti di cui conosce o presume, in base alle informazioni in suo possesso in qualità di professionista, la non conformità alla normativa in materia di informazioni sugli alimenti applicabile e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500 euro a 4.000 euro. (OSA responsabile secondario)
Fatte salve, tuttavia, altre più gravi ipotesi di reato, deve essere considerata per tale condotta la costituzione dell’ipotesi di reato per la frode in commercio punito dall’art. 515 c.p. come segue:
“Chiunque nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.064. Omissis”.
Dal momento che per norma generale di diritto si deve garantire l'applicazione della regoladel ne bis in idem, per il quale il reo non può essere punito per più di una volta in relazione al medesimo fatto e che il principio di specialità[1]previsto in caso di concorso tra le sanzioni penali e le violazioni amministrative cede per la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca reato”,nel caso si rinvengano sul mercato prodotti a base di carne contenenti ingredienti che apportano deliberatamente nitrati, nitriti o entrambi, in modo da ottenere effetto conservante non dichiarato nel prodotto finito, si darà avvio al procedimento penale.
[1] Il concorso tra le sanzioni penali e le violazioni amministrative è disciplinato dalla L. 689/81 (art. 9), che detta il criterio generale “di specialità” per il quale se uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa si applica quella considerata speciale. In altri termini, nel caso in cui la violazione rientri sia nella sfera di applicazione dell’art. 515 c.p. che nella norma speciale sulla disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, dovrebbe applicarsi (ai sensi del principio di specialità) solo la norma amministrativa speciale che, tuttavia, propone sia all’art. 3 che all’art. 4 la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca reato”, riservando quindi l’applicazione (preferenziale) della sanzione penale.
Comments
Post a Comment