Felicità alimentare e mindful eating


Premettiamo che dal 1999 Jean Kristeller svolge ricerche all’University of Massachusetts Medical School insieme a Jon Kabat Zinn sull’applicazione della mindfulness (pratica derivata dagli insegnamenti del buddhismo theravada e dello zen) ai disturbi del comportamento alimentare. Tali ricerche hanno validato il protocollo da lei ideato, il Mindful Based Eating Awereness Training.

Col termine di mindful eating si indica la capacità di portare tutta la nostra attenzione, momento per momento e con profonda consapevolezza verso un'azione, quella del mangiare, che facciamo tutti i giorni e che comprende vari passaggi: la scelta di cosa mangiare, la preparazione del cibo, il vero e proprio atto di alimentarsi. 
Con il mindful eating non si pone l'accento su cosa sia giusto o sbagliato mangiare ma su come mangiare quello che è stato scelto.
Attraverso il mindful eating impariamo ad ascoltare le informazioni che derivano da tutti i nostri canali esperienziali in un dato momento. 
Ascoltando i segnali del corpo diventiamo più consapevoli dei livelli di fame e sazietà; attraverso i sensi possiamo:
- scoprire dei gusti nuovi e talvolta inaspettatamente piacevoli; 
- riconoscere ciò che appaga realmente non solo il nostro corpo ma, soprattutto, la nostra mente;
- prendere consapevolezza che non è la quantità del cibo che ingeriamo quanto la qualità dell'esperienza che stiamo vivendo. 
Quando si mangia inconsapevolmente è molto più facile che a guidare le nostre scelte alimentari siano automatismi, e reazioni emotive di varia natura (tristezza, rabbia, noia, felicità).
Ma come facciamo a capire se stiamo mangiando inconsapevolmente'? 
Innanzitutto se, mentre mangiamo, guardiamo la TV o il cellulare o siamo immersi troppo in una conversazione, non stiamo mangiando in maniera consapevole perché stiamo facendo due cose per volta. 
Se mangiamo troppo velocemente con la mente che vaga o se mangiamo quando siamo completamente immersi nelle nostre emozioni, non stiamo mangiando con consapevolezza. 
Se lasciamo decidere agli altri quanto mangiare, non riuscendo per esempio a rifiutare un bis o sentendoci obbligati a finire tutto quello che abbiamo nel piatto, non stiamo mangiando con consapevolezza. 
Il mangiare inconsapevolmente porta a considerare poco gli stimoli fisiologici della fame e della sazietà, è altamente probabile che, in determinate situazioni come un ricco buffet a una festa, prenda il sopravvento la quantità di cibo ingerito piuttosto che la consapevolezza di quanta fame effettivamente abbiamo. 
Da un certo punto di vista, potrebbe sembrare che mangiare in modo automatico e distratto sia inevitabile: è, infatti, un comportamento talmente iper-appreso (si mangia almeno tre volte al giorno, tutti i giorni della nostra vita) da diventare spesso secondario alle altre attività da svolgere tutti i giorni. 
Ricerche recenti hanno dimostrato che il mangiare automatico è comune e che, di conseguenza, le persone spesso mangiano perché è l'ora di mangiare e non perché hanno una reale consapevolezza di aver fame. 
Altre ricerche hanno messo in luce che l'essere esposti alla vista di un’abbondante disponibilità di cibo può farne incrementare l'ingestione.
Il mangiare automatico si può presentare anche sotto forma di un mangiare emotivo, in questo caso un alimento viene utilizzato per mitigare emozioni negative. In altre parole, il mangiare diventa uno strumento per evitare o interrompere il flusso di pensieri ed emozioni negative. 
Per riepilogare, possiamo definire un pasto "consapevole" quello in cui si presta attenzione:
- ai segnali corporei e ai pensieri che ci orientano verso la scelta di un cibo; 
- alla tipologia di preparazione della pietanza; 
- al gusto dell’alimento ingerito (colore, odore, consistenza e sapore); 
- alle sensazioni corporee finali, focalizzate sul senso di sazietà e di soddisfazione. 
Tutto questo processo può avvenire ovviamente in modi e contesti diversi. Un pasto può essere "consapevole" anche mentre mangiamo seduti alla nostra scrivania in ufficio, al ristorante e perfino mentre siamo seduti in metropolitana. 
A partire già dal prossimo cibo che mangeremo, proviamo a ripercorrere il sentiero del mindful eating, là dove l'esplorazione sensoriale si unisce a un'osservazione consapevole dell'esperienza attraverso le seguenti osservazioni. 
1) Rivolgere l’attenzione alla mente: si sta assaporando ciascun boccone o siamo distratti da qualcos'altro? Quali pensieri, belli o brutti, questo cibo porta alla mente? 
2) Rivolgere l’attenzione al corpo: prima di mangiare ci brontola lo stomaco? Ci sentiamo con poche energie? Finito il piatto, come ci sentiamo? Lo stomaco è adeguatamente pieno? 
3) Rivolgere l’attenzione alle emozioni: proviamo piacevolezza? Senso di colpa? Felicità? Delusione?

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