Nessun spreco nella catena produttiva della carne




Il settore delle carni è tra i più virtuosi, ovvero quello che genera il minor spreco.  È tuttavia opportuno introdurre il concetto di valore sociale per identificare correttamente lo spreco alimentare.

Tra i dati disponibili ed esaminati non vi sono informazioni che consentano una cifra precisa e definitiva sugli sprechi nella catena  produttiva della carne.  Tuttavia, un sondaggio condotto da Nielsen nel 2011 su un panel di 9.000 famiglie italiane ha stimato l'incidenza dei rifiuti da parte del consumatore per ciascun settore merceologico.

A partire dal valore degli acquisti di cibo, è stato calcolato il volume della disponibilità di cibo e a questo volume sono state quindi applicate le percentuali di rifiuti riportate dalle famiglie.  Si stima che i rifiuti domestici complessivi delle famiglie italiane siano 2,6 milioni di tonnellate (circa l'8% del totale acquistato).  Di questi, i settori della carne e del pesce hanno meno rifiuti con un valore pari al 6% dei rifiuti totali.

Il risultato migliore è attribuibile a diversi fattori durante le varie fasi della catena di approvvigionamento.  Innanzitutto, i rifiuti agricoli e di lavorazione primaria sono ridotti a causa del fatto che qualsiasi sovrapproduzione di carne proveniente dagli impianti di macellazione può essere facilmente conservata mediante sistemi di congelamento.

Nella distribuzione, la principale causa di rifiuti sta raggiungendo la data di scadenza che può essere controllata con un'attenta gestione degli ordini ai produttori;  in questa fase si deve considerare che la natura altamente deperibile del prodotto provoca sprechi, poiché il raggiungimento della data di scadenza o l'interruzione dei processi di raffreddamento significa che il prodotto non soddisfa più gli standard di salute e sicurezza.

Per quanto riguarda il consumo interno, gli sprechi si riducono perché il consumatore afferma di congelare il cibo per evitare gli sprechi (51%) e di immagazzinare meno cibo facendo acquisti frequentemente (49%).

Come in Italia, anche nel resto del mondo lo spreco di carne è ridotto e le differenze tra i paesi non sono particolarmente evidenti.  Tuttavia, è interessante osservare che nei paesi industrializzati il ​​consumatore contribuisce a circa il 50% dei rifiuti totali.

Nei paesi in via di sviluppo si verificano perdite quasi omogenee lungo tutta la catena di approvvigionamento.  Infatti, nei dati sull'Africa sub-sahariana nel settore primario, le perdite si distinguono per l'elevato tasso di mortalità animale causato da frequenti malattie dei bovini che non sono sempre adeguatamente curate.





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