Piante aromatiche condimenti della felicità alimentare

Piante aromatiche condimenti della felicità alimentare


Da sempre le piante aromatiche hanno svolto un ruolo fondamentale per l’alimentazione e la cura di molteplici malattie. 
Nel codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.), una delle fonti antiche più importanti a livello storico, sono elencate le più importanti erbe medicinali. 
Pure gli antichi Egizi conoscevano questi prodotti del mondo vegetale. A Karnak (XVI sec a.C.) si coltivavano interi giardini con piante dalle finalità terapeutiche. Nei papiri sono raccolte un gran numero di ricette e di prescrizioni, si elencano ad esempio: ginepro, finocchio, semi di lino, timo. 
Nel V secolo a.C., il medico greco Ippocrate fornendo un minuzioso catalogo degli alimenti utilizzati in Grecia elenca circa 400 erbe aromatiche, usate comunemente non solo in cucina ma pure con finalità curative: tra esse mentuccia, maggiorana e timo. Sofocle definiva queste piante “artumata” ossia “condimento della nutrizione”. 
Le erbe venivano coltivate nei giardini o in aperta campagna, ma molte provenivano anche dalla raccolta selvatica. Nel mondo classico il confine tra erbe selvatiche ed erbe domestiche era esile: il processo di domesticazione delle piante in epoca romana era tutt’altro che concluso. In età imperiale diventò decisiva la creazione di piccoli orti privati e pubblici: è famosa l’importanza presso i Romani degli horti, realizzati non solo all’interno delle domus ma perfino accanto ai mausolei e ai cimiteri. Negli horti si coltivava di tutto: dal commestibile al curativo, dall’estetico all’aromatico. 
Nel 65 d.C., il medico Dioscoride, nel suo trattato “De Materia Medica”, considerata uno delle opere più importanti sul tema, descrive una summa sull’uso in medicina di molte erbe.
Tra gli studiosi classici di botanica citiamo pure Claudio Galeno (II sec.), a cui dobbiamo il termine "semplici" per indicare le preparazioni fatte con una sola pianta, in alternativa a quelle “composte” derivate combinando più erbe.
Successivamente la tradizione greco-romana  si arricchì delle conoscenze tecniche della medicina araba. Famosi i trattati “Canone di medicina” e “Il libro delle guarigioni” del filosofo e medico persiano Avicenna (X sec.), dove vengono indicate molte spezie per mantenere il benessere dell’uomo.
Durante il Medioevo si rivelò fondamentale l'attività svolta dagli ordini monastici che coltivando e studiando le erbe officinali all'interno dei conventi, ne trasmisero le qualità per mezzo dei “famosi” taccuini di sanità. 
Nota è l'opera svolta:
- dagli abati di Montecassino, della famosa Scuola Medica Salernitana (XI-XII sec.), ai quali si deve il primo “Hortus salutaris”;
- dai frati benedettini che, seguendo gli insegnamenti della badessa Santa Ildegarda (XII sec.) del monastero di San Ruperto a Bingen, sul Reno, coltivavano centinaia di specie vegetali. 
Segnaliamo che durante il Medioevo la cucina italiana si differenziò dal contesto europeo per la ricchezza d’utilizzo dei prodotti dell’orto: le erbe “odorose” si affiancavano regolarmente alle più costose spezie.
Nel Rinascimento, con la nascita dei primi orti botanici e la scoperta del Nuovo Mondo, si intensificarono gli studi sulle piante alimentari e officinali, indigene ed esotiche.
Nel XVII sec. le cucine delle corti italiane erano famose in tutta Europa per il grande consumo di insalate condite con abbondanza di erbe aromatiche.
Da non dimenticare che nei secoli, ragioni di necessità, sposate a una ricca biodiversità, hanno sviluppato presso le classi sociali più umili di ogni regione italiana le conoscenze empiriche delle proprietà alimentari e curative delle erbe aromatiche. 
Ancora a metà ‘900, nella società contadina era diffusissimo l’impiego sia alimentare che curativo delle erbe, selezionate dalle donne che si tramandavano di madre in figlia questo “sapere”.

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