Degustazione sensoriale sapore umami

 



Degustazione sensoriale sapore umami


Il suo nome deriva dal giapponese “umai” ossia “delizioso”. Non ha un sapore individuale, non lo assaggiamo mai da solo, ma agisce come insaporitore ed esaltatore degli altri sapori. Sebbene molti abbiano difficoltà ad identificarlo, da sempre lo gustiamo e lo cuciniamo in tutte le pietanze a base di carne e lo troviamo nella massima concentrazione nella salsa di soia. 

Ma vediamo di comprendere meglio il sapore umami. Partiamo da un articolo pubblicato da Heston Blumenthal, tre stelle Michelin con il suo ristorante The Fat Duck nel Berkshire in Inghilterra, uno dei maggiori esponenti di quell'approccio alla cucina chiamato «gastronomia molecolare», che cerca di porre le conoscenze scientifiche al servizio della buona tavola. 

Blumenthal, insieme ad alcuni ricercatori dell'Università di Reading, in un fascicolo della «Journal of Agricultural and Food Chemistry» individua in diverse varietà di pomodoro le sostanze che concorrono al sapore umami. Di che cosa si tratta? Per rispondere dobbiamo tornare indietro di un secolo. 

Fino al 1908 si credeva che i sapori fondamentali fossero quattro: dolce, salato, aspro e amaro. In quell'anno il chimico giapponese Kikunae Ikeda stava cercando di capire quale fosse il sapore fondamentale di una tipica zuppa giapponese di alghe e pesce, il dashi, poiché appariva diverso dai quattro conosciuti. Scopri che era dovuto principalmente al glutammato, un sale dell'acido glutammico (un amminoacido), e decise di chiamare umami il nuovo sapore. Nella nostra lingua potremmo chiamarlo «sapido». Così come il cloruro di sodio stimola i recettori del sapore «salato», il glutammato e l'acido glutammico stimolano i recettori del sapore umami. 

L'acido glutammico è uno degli amminoacidi più abbondanti in natura e lo si può trovare libero in molti alimenti quali latte, pomodori, funghi e in alcune alghe utilizzate dalla cucina giapponese. È un amminoacido non essenziale, cioè il nostro corpo può produrlo autonomamente, ma è di importanza fondamentale nel metabolismo delle nostre cellule e agisce anche da neurotrasmettitore nel nostro sistema nervoso. Rappresenta l'11-22 per cento degli amminoacidi nelle proteine animali e fino al 40 per cento in quelle vegetali. 

Le proteine, tranne rari casi, di solito non hanno sapore, ma i loro amminoacidi costituenti si, e quando le proteine si degradano ne gustiamo il sapore. Questa degradazione, anche parziale, può avvenire durante la cottura dei cibi, oppure per via enzimatica, ad esempio per mezzo della nostra saliva. 

Nel 1908 Ikeda riuscì ad estrarre trenta grammi di acido glutammico partendo da quaranta chili di alghe kombu fatte bollire in acqua. 

Questo amminoacido era già stato isolato nel 1866 dal chimico tedesco Heinrich Ritthausen, attraverso la scomposizione (idrolisi, dicono i chimici) della gliadina, una componente del glutine del grano. 

La produzione mondiale di glutammato stimata è di circa due milioni di tonnellate all'anno, di cui un milione solamente in Cina. In Europa e nell'America settentrionale è abbastanza limitata, mentre è più elevata nell'America centrale e meridionale. Globalmente in Asia si produce e consuma più dell'80 per cento del glutammato mondiale. Nei paesi occidentali la stragrande maggioranza del glutammato è utilizzato dalle industrie alimentari come additivo, per insaporire i piatti e preparare i dadi da brodo o gli estratti. È ammesso dalla legislazione europea e viene identificato con la sigla E621. 

Il riconoscimento dell'umami come sapore fondamentale distinto dai quattro classici (salato, aspro, dolce, amaro) è stato immediato nella cultura asiatica, ma molto lento in quella occidentale, tanto che solo è stato riconosciuto in Europa come quinto sapore base solo a partire dal 1985, forse per un fatto culturale. Nella nostra cucina l'umami è spesso stimolato insieme al gusto salato, e supportato dalla presenza di grassi animali. Questo fatto può averne ritardato l'accettazione come sapore indipendente dagli altri. Pensate al brodo di carne, tipico della cucina occidentale. A causa della lunga cottura della carne si producono anche molecole di glutammato, provenienti dalla degradazione delle proteine, che in sinergia con altre molecole stimolano l'umami. Nel brodo però troviamo anche il sapore salato, dovuto sia al cloruro di sodio aggiunto dal cuoco sia a quello presente nella carne. In più i grassi animali veicolano molti altri aromi che possono coprire il gusto umami. 

Nelle tipiche zuppe giapponesi invece, come il già citato dashi, i grassi sono assenti e il sale non è aggiunto, perciò era stato più facile riconoscere l'umami come sapore dominante e attribuire al glutammato la capacità di stimolarlo. 

Anche se il cloruro di sodio non viene aggiunto, il sodio presente nel glutammato fornisce comunque una sensazione di salato difficile da separare sul piano gustativo dal gusto umami. 

Nelle cucine orientali è onnipresente nella bottiglietta di salsa di soia e nel barattolo di glutammato che sostituisce il nostro sale da cucina. 

Anche la cucina mediterranea è ricchissima di glutammato monosodico e di altre molecole simili che fanno percepire il quinto gusto. Citiamo ad esempio formaggio grana, carni (suine, pollame e bovine), pomodoro, mais, cipolla, funghi, spinaci, asparagi e verze.

Il livello di glutammato aumenta considerevolmente quando un alimento viene sottoposto a procedimenti di stagionatura o maturazione (carni e o formaggi). 

Nel latte l'acido glutammatico risulta essere di gran lunga l'aminoacido più concentrato, andando da 1-2 milligrammi per decilitro nel latte vaccino, fino a oltre 53 milligrammi per decilitro nel latte umano. Questa alta concentrazione di gusto umami sembra essere un'altro dei motivi per i quali il latte materno sarebbe particolarmente gradito ai neonati. 

Negli ortaggi e nelle verdure il glutammato si innalza significativamente dopo lunghe cotture o con la maturazione: ne aumentano la concentrazione di oltre 10 volte le patate da crude a cotte o i pomodori da verdi a maturi.

Alimenti che risultano particolarmente carichi di sapore umami sono le salse frutto della fermentazione di legumi, cereali e funghi con sale aggiunto.

In Occidente il condimento, a base di pesce, che da sapore umami è rappresentato dalla pasta d'acciughe. L'uso di una preparazione simile affonda le radici nella tradizione dell'antica Roma, dove si praticava a partire dal II secolo a.C. l'elaborazione del garum, una salsa a base di pesce fermentato al sole, utilizzato in oltre l'80% delle pietanze.

La presenza dell'umami spiega il grande successo della pasta col pomodoro condita con il parmigiano, piatto composto di ingredienti ricchi di questo esaltatore. L'industria alimentare usa l'umami per fidelizzare i consumatori ai prodotti.

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